«La vita è un gioco che non so giocare. Tanto vale che mi lasci andare». Comincia così “Non è male (Studio Version)”, il nuovo singolo di Vi Skin, cantautrice che negli ultimi anni ha saputo conquistare l’attenzione di pubblico e critica alternando brani di taglio intimista e personale come “Sei”, “Nei Guai”, “Calamita” e il recente “Mi avevi perso già” – una riflessione sul rapporto padre-figlia e sul percorso per imparare a bastare a se stessi – a inni sportivi quali “Amore Incondizionato” e “Ho scelto di vincere (We’re an only thing)”, dedicati all’Inter, la sua squadra del cuore, con cui ha emozionato migliaia di tifosi e preso parte a eventi ufficiali della società nerazzurra. Con questo nuovo lavoro, l’artista ciociara sceglie di pubblicare in piena estate una canzone fuori dagli schemi stagionali, senza ritmi da tormentone né parole leggere. Una decisione controcorrente, ma necessaria, che parla a chi, proprio quando tutto sembra spingere verso la spensieratezza, continua a interrogarsi, a cercare senso, a fare i conti con le proprie inquietudini e con il bisogno, spesso inascoltato, di fermarsi a respirare.
Mentre l’immaginario collettivo invita a vivere questi mesi come evasione obbligata, Vi Skin riporta l’attenzione sul valore del dubbio e sull’importanza di accettare il fallimento, di accogliere l’errore come parte del percorso. “Non è male (Studio Version)” diventa così una risposta implicita a quella cultura della performance e del controllo che, secondo il 58° Rapporto Censis, riguarda il 58 % dei giovani (18‑34 anni) che si sente fragile e il 51,8 % che dichiara di soffrire di stati d’ansia o depressione. Un ritratto che conferma la crescente difficoltà di convivere con l’incertezza e l’imperfezione tra i più giovani, sempre più esposti alla pressione di dover essere impeccabili e vincenti.
Il brano nasce in un pomeriggio qualunque, ma si misura con interrogativi concreti, domande che, prima o poi, attraversano la mente di chiunque cerchi di restare a galla tra aspettative e realtà: fino a che punto possiamo controllare ciò che viviamo? E cosa accade quando smettiamo di farlo? La risposta arriva, limpida, in un verso:
«Devo imparare che sbagliare in fondo non è male.»
Con questa frase, Vi Skin toglie il superfluo e porta in primo piano le parole e la loro fragile verità. La scelta di una “Studio Version” minimale non è solo stilistica, ma funzionale a mettere in risalto il senso e il peso di ogni verso: il focus resta sul messaggio, sui pensieri più immediati, sinceri e difficili al tempo stesso, quelli che in molti tengono per sé e pochi trovano il coraggio di ammettere, perfino a sé stessi.
La canzone si snoda tra le contraddizioni di un amore sbilanciato, in cui la libertà di uno diventa il confine, il limite dell’altro – «La mia libertà la tua ossessione, la tua gelosia la mia prigione» -.
«Frammenti che mi compongono», canta Vi Skin, dipingendo nel bianco e nero del suo pianoforte un’immagine, quella che racchiude l’essenza del pezzo: l’idea che siamo fatti di parti sparse, contraddittorie, a volte spezzate, e che proprio da quelle imperfezioni prende forma la nostra identità. Non esiste un’unità perfetta, ma un insieme di pezzi che, accettati e ricomposti, danno vita a qualcosa di unico.
Dietro una melodia elegante, delicata e attraversata da una sensibilità rara, si cela il racconto di una relazione tossica, fatta di incomprensioni e privazioni, dove la passione per la musica viene vissuta dall’altro come una minaccia, non come una risorsa. Un’esperienza personale che Vi Skin sceglie di trasformare in un messaggio costruttivo, come lei stessa dichiara
«Ho vissuto una relazione in cui la mia libertà veniva vissuta come una minaccia, la mia felicità ignorata, e la mia passione – la musica – non veniva accolta. Ho dato tanto, ho cercato di rendere il mio cuore un posto accogliente, ma ho ricevuto solo briciole. Anche da questa esperienza, però, ho scelto di trarre qualcosa di buono: ora so meglio cosa voglio e, soprattutto, cosa non voglio più.»
In un’epoca in cui il dibattito sulle relazioni tossiche è sempre più centrale – basti pensare all’aumento di denunce per stalking e violenza psicologica registrato dal Viminale nel 2024 – Vi Skin punta i riflettori su un altro aspetto spesso taciuto: il controllo emotivo. La difficoltà di lasciare all’altro lo spazio per essere felice senza sentirsi meno amati.
«Ho scritto questa canzone in un periodo in cui sentivo il bisogno di mollare le redini – prosegue l’artista –. Cercavo di controllare tutto per proteggermi, ma ho capito che così facendo stavo solo limitando la mia libertà. Ho capito che proprio ciò che sfugge al controllo può diventare una lezione preziosa: imparare a lasciar andare, a volte, è l’unico modo per respirare davvero. In fondo, sbagliare “non è male” se da quell’errore nasce qualcosa di nuovo.»
Pubblicare una ballad introspettiva a luglio è una decisione controcorrente. Ma Vi Skin non cerca il consenso facile. Cerca chi, proprio nell’estate delle apparenze felici, ha bisogno di sentirsi meno solo nelle sue inquietudini.
«Spesso pensiamo che questa stagione debba per forza coincidere con la leggerezza – conclude -. Ma conosco tante persone per cui l’estate non è una pausa dai pensieri, anzi. È un momento in cui il silenzio esterno amplifica il rumore interiore. Ho voluto dare voce anche a loro.»
“Non è male (Studio Version)” è un invito a vivere le emozioni senza paura, ad accettare la vulnerabilità, e a concedersi il lusso di sbagliare, perché l’unico vero errore è rinunciare a vivere per il timore di fallire. E infondo, in un tempo che ci chiede di essere sempre impeccabili, imparare a fallire può essere la forma più concreta di libertà.